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lavoro sicuro

L’emergenza Covid-19 ci ha portato a riconsiderare la sicurezza sul lavoro come un aspetto imprescindibile: la tutela del lavoratore è il tema principale nella fase di riapertura e nelle scelte che l'azienda deve intraprendere responsabilmente.

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Responsabilità civile del datore di lavoro in caso di infortuni o malattie professionali

I dati INAIL evidenziano un calo degli infortuni mortali negli ultimi tre anni (trienno 2010-2012); tuttavia, in controtendenza sono aumentate le denunce per malattie professionali con un aumento di quasi il 51% rispetto al 2008. Uno degli aspetti che ha favorito l’incremento è stata l’entrata in vigore delle nuove “tabelle” di valutazione e il fatto che l’aggiornamento dell’elenco delle tecnopatie, con il decreto del Ministro del lavoro 9 aprile 2008, ha introdotto “la presunzione legale d’origine” per molte patologie.

La legge sugli infortuni professionali (DPR n. 1124 del 1965), per effetto dell’operatività della copertura assicurativa INAIL in virtù del principio del rischio professionale, prevede l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile e, dunque, dal risarcimento del danno subito dal lavoratore in caso di infortunio o di insorgenza di malattia professionale. Tuttavia, con la sentenza della Corte di Cassazione del 24 febbraio 2006, n. 4184, per far valere il diritto all’esonero il datore deve dimostrare di avere adottato tutte le cautele e le misure atte ad evitare il danno subito dal lavoratore. Al lavoratore infortunato, beneficiario della assicurazione, l’INAIL corrisponde l’indennizzo al posto del datore di lavoro.

Tuttavia, in caso di procedimento penale a carico del datore di lavoro o di suoi incaricati o dipendenti in merito all’evento a causa del quale sia stato corrisposto l’indennizzo, è riconosciuta sia al lavoratore infortunato, sia all’INAIL la facoltà di costituirsi parte civile. Se l’indennizzo dell’INAIL non copre l’intero risarcimento civilmente dovuto all’infortunato, il datore di lavoro risultato penalmente responsabile deve risarcire al proprio dipendente quella parte di danno non coperta dalla assicurazione (danno differenziale). L’INAIL, d’altro canto, è legittimato a costituirsi parte civile nel procedimento penale contro il datore di lavoro imputato di omicidio colposo o lesioni personali gravi e gravissime per chiedere il rimborso delle prestazioni erogate all’infortunato in virtù del diritto di regresso riconosciuto dall’art. 10 del DPR 1124 del 1965 nei confronti del datore di lavoro penalmente responsabile.

In caso di infortunio o malattia professionale, senza decesso, l’azione penale per lesioni colpose gravi o gravissime è legata alla prognosi secondo le seguenti procedure:

Le prognosi che superano i 30 giorni provocano l’attivazione, per lo più ad iniziativa dell’ INAIL, dell’ inchiesta amministrativa della Direzione provinciale del lavoro, il cui verbale viene inviato al Pubblico Ministero;
Le prognosi fino a 40 giorni possono far scattare l’azione penale solo a querela dell’interessato;
Oltre i 40 giorni l’eventuale azione penale viene promossa d’ufficio dal Pubblico Ministero.
La responsabilità del datore di lavoro per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore è esclusa solo in caso

di dolo del lavoratore o
di rischio c.d. elettivo, cioè derivante da una attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell’attività o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa (Corte di Cassazione sent. N. 6377 del 2003).
La responsabilità, invece, non è esclusa nel caso di concorso di colpa del lavoratore: in caso di infortunio sul lavoro la concorrente condotta colposa del lavoratore è priva di qualunque effetto nei confronti dell’INAIL, anche ai fini della rivalsa avverso il datore di lavoro. Essa tuttavia deve essere valutata al solo fine di stabilire se il risarcimento dovuto al lavoratore debba essere ridotto in maniera corrispondente (cass. Civ. n. 2263\2005 e 5239\2005).

Pertanto, per non incorrere in cause di responsabilità civile e penale, il datore di lavoro deve poter sempre dimostrare una corretta gestione ed applicazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro attraverso l’aggiornamento costante del documento di valutazione dei rischi con relazioni tecniche attestanti i fattori di rischio specifici, l’adozione delle procedure di formazione ed informazione dei lavoratori, la corretta distribuzione e il puntuale controllo circa l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali e, qualora necessaria, l’effettuazione della sorveglianza sanitaria.

Particolare attenzione deve essere dedicata alla stesura delle relazioni tecniche (es. rumore, vibrazioni, agenti chimici, agenti biologici, stress lavoro-correlato, ecc.), in quanto il datore di lavoro con ciò dimostra di non aver sottovalutato i fattori di rischio e attraverso un attento studio del ciclo di produzione di aver valutato secondo gli standard tecnici l’esposizione al rischio del lavoratore.